La tigre (Panthera tigris Linnaeus, 1758) è un mammifero della famiglia dei felidi. Con un peso che può arrivare fino a 300 kg, la tigre è il più grande dei cosiddetti "grandi felini" che costituiscono il genere Panthera (tigre, leone, giaguaro, leopardo e leopardo delle nevi), ed è l'unico felide moderno a raggiungere le dimensioni dei più grandi felidi preistorici.
È un cosiddetto predatore alfa, ovvero si colloca all'apice della catena alimentare, non avendo predatori in natura, a parte l'uomo. Oltre che dalle dimensioni notevoli, è caratterizzata dalla particolare colorazione del mantello striato che serve a "spezzare" otticamente la figura dell'animale; il disegno del mantello varia leggermente da sottospecie a sottospecie. Vi sono tuttavia delle varianti al colore del mantello, principalmente nella sottospecie nominale Panthera tigris tigris (tigre indiana "del Bengala"), la più comune tra queste è quella con strisce nere su sfondo bianco.
I più antichi resti di un felino simile alla tigre sono quelli della Panthera palaeosinensis, trovati in Cina e a Giava. Questa specie era presente nel primo Pleistocene (circa 2 milioni di anni fa), ed era di dimensioni più piccole rispetto alla tigre moderna. I più antichi resti fossili di vere e proprie tigri sono datati fra 1,6 e 1,8 milioni di anni fa, trovati a Giava e appartenenti ad una sottospecie, oggi estinta, chiamata tigre di Trinil (P. tigris trinilensis) e visse per circa 1,2 milioni di anni, sempre nel territorio di Giava. Non è noto con certezza quale sia la regione d'origine della tigre, certamente essa si diffuse durante il Pleistocene in gran parte dell'Asia, inclusa la Beringia (da cui però non transitò nelle Americhe), l'India, Sumatra, Giava e Bali. Fino all'Olocene le tigri furono diffuse anche nel Borneo. Sono state trovate tracce di fossili anche in Giappone e sulle isole del Borneo.
Morfologia e anatomiaLa tigre è il felino più grande che esista in natura ed è anche uno dei più grandi predatori terrestri, con solo l'orso bruno e l'orso polare capaci di superarne la stazza. Le dimensioni della tigre variano notevolmente da una sottospecie all'altra; infatti, una tigre di Sumatra di sesso maschile non pesa più di 140 kg per 2,3 metri di lunghezza, mentre una tigre siberiana può superare i 300 kg per 3,3 metri di lunghezza o più. Anche l'altezza al garrese della tigre è molto variabile a seconda della sottospecie, da 85 cm a un metro, così come anche la sua lunghezza totale, con la coda, da 2 a 3,7 metri, e il peso, che può variare dai 65 agli oltre 300 kg.
Le orecchie della tigre, arrotondate, hanno la superficie esterna di colore nero con una macchia bianca al centro. Le pupille sono rotonde; il colore dell'iride varia dall'oro al verde, ma a volte può essere anche azzurro. Il naso è di colore rosa, caratterizzato a volte dalla presenza di macchie nere. Le vibrisse (i cosiddetti «baffi») sono molto folte e poste su un muso corto. La fronte è arrotondata. Il collo è coperto da un pelo fitto e una pelle più spessa, soprattutto nei maschi. I canini della tigre sono i più lunghi tra tutti i felini e possono raggiungere una lunghezza di circa dieci centimetri. Come in tutti i membri del genere Panthera, l'osso ioide è parzialmente ossificato e permette all'animale di ruggire[14].
La tigre siberiana è considerata la sottospecie più grande considerate le dimensioni medie degli esemplari, tuttavia il record di peso massimo appartiene a una tigre del Bengala, precisamente a un esemplare ucciso nel 1967 che pesava ben 389 kg. Il record di lunghezza massima spetta invece sempre alla tigre siberiana che può raggiungere 14 piedi di lunghezza dalla testa alla coda (circa 4,26 m) mentre non esistono riferimenti di tigri del Bengala di lunghezza superiore ai 12 piedi (3,70 m). Al giorno d'oggi, la popolazione di tigre siberiana in natura è assai inferiore rispetto a quella del Bengala e si ritiene che abbia sofferto maggiormente il rimpicciolimento genetico della sottospecie (più una specie è perseguitata dai cacciatori e più si rimpicciolisce in quanto gli esemplari più grandi sono uccisi). Infatti, le tigri siberiane odierne sono più piccole del passato e di dimensioni comparabili a quelle del Bengala.
Come accade per altri animali, anche la tigre in cattività, a causa della mancanza di esercizio e di un'alimentazione sregolata, può andare incontro ad episodi di obesità che la portano a raggiungere dimensioni abnormi: è il caso ad esempio di Brutus, tigre siberiana ospite di un santuario che ha toccato il peso record di 1100 libbre (quasi 500 kg). Si tratta di dimensioni, ritenuti da tutti gli esperti, impossibili da raggiungere per una tigre selvatica anche perché andrebbero a scapito dell'animale che faticherebbe a cacciare.
Organi sensorialiLa tigre può fare affidamento su due sensi sviluppatissimi, l'udito e la vista. Gli occhi, che le consentono di osservare anche il più piccolo movimento della preda prescelta, sono strutturati secondo le esigenze di un predatore notturno; grazie alla particolare conformazione dell'occhio, è in condizione di sfruttare i più tenui raggi di luce e di muoversi con disinvoltura nelle tenebre notturne.
ComportamentoNon molto si sa sulle abitudini della tigre allo stato selvatico. I rari studi fin qui effettuati si riferiscono soprattutto alla sottospecie più comune, quella del Bengala. È comunque noto che questo felino, a differenza del leone, raramente si trova in spazi aperti. Le sue maggiori garanzie di successo nella caccia risiedono, infatti, nella possibilità di inseguire furtivamente la preda per poi tenderle l'agguato nel momento più opportuno. In un territorio privo di alberi il suo sgargiante mantello si staglierebbe in modo troppo evidente, mettendo sull'avviso gli altri animali; esso si confonde invece molto bene con l'ambiente nel folto della giungla o nel sottobosco in prossimità di pozze d'acqua.
Le tigri, animali solitari, sono di norma poco disponibili a dividere il proprio territorio con altri simili. Sono stati osservati, tuttavia, occasionali incontri che non si sono conclusi con una lotta e anche casi di spartizione di una preda. È stato pure osservato che i maschi hanno un più spiccato senso di territorialità: essi tollerano le intrusioni delle femmine assai più di quelle compiute da rappresentanti dello stesso sesso, mentre le femmine sono più predisposte alla condivisione con esponenti di entrambi i sessi.
Le tigri marcano il territorio graffiando gli alberi, spruzzando le piste battute con urina e secrezioni prodotte da ghiandole anali e anche depositando le proprie feci in luoghi ben evidenziati. Questi segnali forniscono informazioni sul detentore del territorio e inoltre mettono sull'avviso i maschi a riguardo di femmine in calore.
Come tutti i predatori, la tigre cerca di risparmiare al massimo le proprie energie per impiegarle nella caccia. Perciò trascorre anche l'80% del tempo riposando o dormendo. Si muove all'alba o, preferibilmente, con le luci del crepuscolo per poi cacciare, se necessario, l'intera notte. Complice l'oscurità, può percorrere grandi distanze camminando lungo i letti dei ruscelli, i sentieri e anche le strade battute dall'uomo. Quando avvista la preda, striscia in avanti tenendo il corpo quasi a livello del suolo per evitare di essere scorta. Le strisce del mantello si rivelano in quei momenti molto utili per confondere la sua immagine con le ombre proiettate dall'erba alta.
HabitatGli ambienti adatti alla tigre presentano tre caratteristiche di valore primario: abbondanza di nascondigli, che le consentano di spiare la preda senza essere vista a sua volta; prossimità con l'acqua; ricchezza di animali da cacciare. All'interno di questo tipo di habitat, il felino - come abbiamo rilevato - agisce entro i limiti di un proprio territorio.
Il possesso di un'area è particolarmente importante per la femmina, che soltanto se ha la certezza di muoversi in un ambiente ben conosciuto e ricco di prede, può crescere i suoi piccoli con relativa tranquillità. Il problema si pone soprattutto quando essi non possono ancora seguirla nella caccia: in questa situazione, infatti, la madre deve trovare cibo a poca distanza dalla tana, così da poter tornare e allattare la prole a intervalli regolari. La progressiva crescita dei figli le consentirà poi spostamenti sempre più lunghi, ma comunque l'impegno di alimentare a sufficienza se stessa e i cuccioli resta sempre molto gravoso per la madre. Il territorio di un maschio è abitualmente tre o quattro volte più grande rispetto a quello di una femmina, e ciò si spiega col fatto che la sua pulsione riproduttiva lo stimola all'incontro con più femmine in estro.
Le tigri compiono, all'interno dei loro territori, percorsi anche molto lunghi; questi itinerari sono disseminati di tane e nascondigli in cui riposare. Tutti i tipi di foresta costituiscono un buon habitat per la tigre del Bengala. Oltre a quelle di mangrovie, già menzionate, sul delta del Gange, essa popola le umide foreste di alberi sempreverdi dell'Assam, quelle decidue del Nepal e quelle spinose dei Ghati occidentali. Ma il predatore si sente a proprio agio anche nelle giungle ricche di alta vegetazione, nel folto delle distese di bambù, nelle paludi e nelle boscaglie. È però fondamentale che questi ambienti forniscano acqua e nascondigli in abbondanza.
In Birmania la tigre predilige le fitte foreste subequatoriali, mentre quelle malesi e indonesiane mostrano un ottimo adattamento alla foresta pluviale. Gli esemplari della sottospecie siberiana si spostano, invece, lungo il bacino dell'Amur preferendo le foreste montane non abitate dall'uomo. Per proteggersi nei periodi più freddi, sviluppano uno strato isolante di grasso sul ventre e sui fianchi.
Diversamente dal leone e dal leopardo, la tigre non ha l'abitudine di salire sugli alberi. Accade tuttavia che femmine con piccoli rivelino buone doti di arrampicatrici in caso di necessità: quando, per esempio, devono sottrarsi all'attacco di un branco di cani selvatici chiamati dhole. Il grande felino è ben più forte di un dhole, a cui può spezzare il cranio con un solo colpo delle enormi zampe anteriori. Ma l'aggressione di un branco, che può essere formato anche da 30 esemplari, costituisce una minaccia molto seria. Gli scontri, quando avvengono, sono improntati a estrema violenza. La tigre, assalita da tutti i lati, prima di soccombere può lasciare sul terreno una decina di avversari. I dhole talvolta, anziché uccidere il predatore, si limitano ad allontanarlo per impossessarsi di una sua preda.
Diversamente da altri felini, la tigre è molto attratta dall'acqua, ed è facile, quando il clima è caldo, vederla immersa in fiumi o ruscelli. Nuotatrice capace di percorrere lunghe distanze, insegue le prede anche nelle grandi pozze d'acqua, da cui riemerge tenendo in bocca l'animale appena ucciso. La forza dimostrata nell'effettuare questi trasporti è sorprendente. Può trascinare in un luogo sicuro, dove cibarsi con tranquillità, un maschio di bufalo indiano del peso di circa 900 kg. Per tale impresa occorrerebbero almeno 10 uomini.
Le tigri cacciano quello che trovano, non essendo vincolate a una dieta specializzata. Si alimentano di preferenza di cervi, cinghiali, scimmie, uccelli, ma non disdegnano neppure pesci, rane, lucertole. Gli animali vecchi e infermi si orientano su prede facili, come il bestiame domestico e, in circostanze estreme, anche sull'uomo.
CacciaLa tigre ha un fabbisogno alimentare di 3-4 tonnellate di carne all'anno. Abitualmente caccia da sola. In casi eccezionali, però - come è già stato rilevato - si sono visti due esemplari cooperare all'abbattimento di una preda molto grande.
L'attività ha inizio di preferenza all'imbrunire. Il felino percorre, lento e silenzioso, i sentieri del proprio territorio, fermandosi talvolta per fiutare od osservare qualche traccia di possibili prede. Taluni esemplari sembrano compiere un preciso percorso, già ben delineato da marcature precedenti. La ricerca di cibo è comunque irta di difficoltà. Si è calcolato che su oltre 20 tentativi di agguato solo uno si conclude positivamente.
La tigre, dopo aver avvistato la preda, si nasconde nell'erba alta per avvicinarla quanto più è possibile senza farsi scorgere. Perché il suo attacco abbia possibilità di successo, deve trovarsi in un raggio d'azione che non superi i 10-20 metri. Quando il momento appare opportuno, il felino balza come una molla addosso all'animale facendo leva sulle potenti zampe posteriori.
Spesso la sua stessa mole è sufficiente a far cadere a terra la preda, che viene subito artigliata con le zampe anteriori. Successivamente la tigre affonda i denti all'altezza delle prime vertebre del collo della vittima, in prossimità del cranio. Le zampe posteriori, saldamente appoggiate al terreno, le danno il giusto equilibrio per scuotere con violenza la testa dell'animale, provocando in breve la rottura della colonna vertebrale.
In taluni casi, la tigre attacca frontalmente puntando alla gola della preda; i denti affilati recidono vitali vasi sanguigni e anche se la giugulare non viene lesa, il felino ha forza sufficiente per trattenere la vittima nella sua morsa finché non muore per soffocamento.
Cacciatrice dalla enorme forza, la tigre è in grado di uccidere anche animali grandi quattro o cinque volte la sua taglia, lacerando loro i tendini all'altezza delle ginocchia con le sue zampe anteriori, per renderli impotenti. Successivamente si abbatte sul loro dorso uccidendoli nel modo già descritto. Altrimenti usando la sua forza li getta a terra e li uccide. Sono stati documentati molti casi di tigri che hanno gettato al terreno bufali e gaur sei volte il loro peso.
Dopo averla uccisa, la tigre trascina la carcassa della preda in un luogo isolato, lontano da animali spazzini come avvoltoi e sciacalli, e di preferenza in prossimità dell'acqua. Essa è solita cominciare il pasto dai quarti posteriori squarciando la pelle con gli artigli e i denti affilati e passandovi poi sopra la lingua rasposa. Un adulto di tigre del Bengala può divorare anche 30 kg di carne in una volta sola. In seguito sentirà il bisogno di dissetarsi. Se la preda non è ancora totalmente consumata, il predatore seppellisce i resti sotto un cumulo di foglie e ritorna sul luogo diverse notti di seguito per completare il pasto. Durante questo periodo, non si allontana mai troppo dalla carcassa per difenderla dagli altri animali affamati. La voracissima tigre si nutre di qualsiasi parte della preda, compresi polmoni, reni e altri organi interni; a differenza di altri felini, continua a ripulire la carcassa anche quando la carne, con il passare dei giorni, incomincia a imputridire.
La femmina di tigre, impegnata a portare cibo ai piccoli, li sorveglia durante il pasto e mangia soltanto quando essi sono sazi. Si è calcolato che una madre deve uccidere una volta ogni cinque-sei giorni, raggiungendo una quota annua di 60-70 prede, mentre una femmina priva di cuccioli soltanto una volta ogni otto giorni, non superando il numero annuo di 40-50 uccisioni. I cuccioli imparano a cacciare osservando la madre. La loro iniziazione comincia fin dalle prime settimane, attraverso i modelli di comportamento suggeriti dal gioco.
La tigre tenta di evitare durante la caccia ferimenti che potrebbero renderla invalida (probabilmente in modo istintivo), ma se riesce a raggiugnere una preda, può ingaggiare lotte sanguinose, data anche la scarsa percentuale di agguati che riescono. Gli orsi labiati e i cinghiali si difendono furiosamente e talvolta hanno ucciso il predatore. In genere non caccia animali più grandi dei gaur, ma può arrivare ad attaccare rinoceronti ed elefanti adulti se necessario. La lotta con questi ultimi può durare una notte intera e c'è un solo caso certificato di uccisione, con altri possibili. I primi invece subiscono attacchi molto più di frequente. È stato documentato un caso di uccisione anche di un coccodrillo di considerevoli dimensioni[2], abbattuto però sulla terraferma. Ha ben pochi rivali, in natura, se si fa eccezione per l'uomo e per i cani selvatici radunati in branco. Le iene hanno tendenza a rubarle il pasto soltanto in sua assenza: venendo sorprese dal predatore in prossimità della carcassa, infatti, corrono il rischio di essere uccise se non si danno a precipitosa fuga.
Lo stesso discorso vale per gli sciacalli. Esemplari di questa specie sono stati osservati mentre si avvicinavano alla carcassa, strappavano rapidamente piccoli pezzi di carne e poi correvano a divorarli in un luogo sicuro. La scena si ripeteva più volte. Pur trattenendosi sulla preda il minor tempo possibile, gli animali correvano tuttavia grandissimi rischi.
Nemici in naturaEssendo un predatore alfa, non ha predatori in natura che possano direttamente minacciarla e di conseguenza la tigre ha pochi nemici naturali. Tuttavia a volte si è riscontrato che degli orsi maschi hanno ucciso degli esemplari di cuccioli di tigre. Altri rari casi di attacco verso una tigre si sono riscontrati da parte di branchi di cani rossi selvatici indiani (Cuon alpinus), che, attaccando in gruppo, grazie ad una particolare tecnica di caccia a volte riescono ad avere la meglio su animali di taglia molto superiore della loro.
Sottospecieclic sopra
Variazione colore del mantelloTigri biancheLe tigri bianche sono conosciute da molto tempo, infatti il primo di questi felini bianchi fu scoperto verso il 1820.
Una tigre bianca fu uccisa nell'Assam nel 1899; un'altra, femmina, fu uccisa nel 1909 a Orissa mentre divorava un bufalo. Dal 1909 al 1933 in India furono abbattute diciassette tigri bianche. La prima tigre bianca catturata viva fu avvistata la prima volta vicino a Rewa, nel dicembre 1915, nella giungla di Sohagpur. In quel tempo si sapeva dell'esistenza di altre due di queste fiere bianche nella zona a sud di Rewa. La famosa razza attuale di tigri bianche, di cui trentatre esemplari vivevano nel 1970, discende da un maschio bianco, catturato a Rewa il 27 maggio 1951. Questo specimen fu accoppiato ad una tigre normale, catturata nello stesso luogo il 28 novembre 1952. La prima figliata, composta di 4 piccoli, di colore normale, si ebbe il 10 aprile 1955. Una tigre femmina di questa figliata, accoppiata al padre, dette alla luce 4 piccoli di colore bianco, il 30 ottobre 1958. Ebbe così inizio la generazione delle tigri bianche. Attualmente, si conoscono alcune tigri bianche che vivono in India. Si tratta di tigri incrociate con le tigri bianche degli zoo, per non perdere il gene e conservare la tigre bianca.
Queste tigri non sono considerate delle vere albine e sono caratterizzate da strisce nere o marroni e occhi azzurri/blu con il naso color rosa. Infatti, questi esemplari, sono affetti da leucismo. La variazione di colore è considerata una mutazione causata da un gene recessivo chiamato chinchilla o cincillà, che inibisce la pigmentazione gialla del mantello della tigre alterando anche il colore delle strisce e si accompagna, come documentato per la sottospecie del Bengala, ad alcuni disordini come lo strabismo e il sistema immunitario indebolito. È presente anche in altri mammiferi come i gatti domestici e i conigli.
Questa particolare colorazione è presente solo nella sottospecie Panthera tigris tigris (tigre del Bengala), l'unica ad avere il gene recessivo che può generare il colore bianco. Tuttavia, nel Como Park Zoo & Conservatory in Minnesota, una coppia di Panthera tigris altaica (tigre siberiana) fratelli tra loro, ha dato alla luce un cucciolo che presentava una mantello bianco a strisce nere. Le due tigri, catturate in natura, sono state classificate da alcuni esperti come due esemplari di Panthera tigris altaica, per altri invece come incroci tra tigri di razza del Bengala e Siberiana. Questi esemplari e la loro prole sono stati fatti accoppiare con altre tigri di pura razza Siberiana, dando alla luce cuccioli con la tipica colorazione della tigre, ma anche esemplari di color bianco.
Tigri bianche senza strisceDenominate anche (Stripeless / senza strisce) (snow white tigers / tigri neve bianca) derivano da un'ulteriore modifica genetica che ha "rimosso" la maggior parte delle strisce che normalmente caratterizzano la tigre bianca, rendendo l'animale di un colore somigliante al bianco puro, ciò però non le rende delle vere albine.
I primi avvistamenti di tali esemplari privi di strisce o perlomeno molto poco visibili, sono avvenuti nel 1820 e descritti da scrittori e naturalisti, quali: Georges Cuvier, Richard Lydekker, Hamilton Smith, Edwin Landseer e John George Wood.
Tigri arancioniLe tigri "Golden" (Panthera tigris tigris) (chiamata anche Tiger Golden Tabby o strawberry tiger) sono una variazione di colore estremamente rara della tigre del Bengala, causata da un gene recessivo. Attualmente tali tigri si trovano solo in stato di cattività all'interno di Zoo o Riserve Naturali. Come per la tigre bianca, la sua differente colorazione non genera una nuova specie. La colorazione è dovuta al gene "wide band", mentre per la tigre bianca è dovuto al colore inibitore (gene albinismo cincillà).
Le Tigri Golden tabby hanno pelliccia color oro molto chiaro, gambe di un bianco pallido e strisce di color arancio debole. La loro pelliccia tende ad essere molto più spessa del normale rispetto ad altre tigri.
Come le loro "cugine" tigri bianche, tutte le tigri dorate hanno una parentela principalmente con quelle del Bengala, ma sono geneticamente "incrociate" con i geni della tigre dell'Amur o di altre sottospecie.
Attualmente le tigri Golden, vengono "utilizzate" anche per la riproduzione e perpetrazione della Tigre Bianca, infatti incrociando una tigre gold con una tigre bianca, i cuccioli saranno di tigre bianca. Nel 1970 una coppia di tigri arancioni eterozigoti, di nome Sashi e Ravi, hanno avuto 13 cuccioli (Alipore Zoological Gardens), di cui 3 erano bianchi a strisce nere.
Tigri bluLa tigre maltese, o tigre blu, è una forma di colorazione non provata della tigre, segnalata in gran parte dalla provincia cinese di Fujian. Si dice che abbiano una pelliccia blu scuro a righe grigie.
Intorno al 1910, Harry Caldwell, un missionario americano e cacciatore, si imbatté, presumibilmente, in una tigre blu al di fuori di Fuzhou. La sua ricerca è raccontata nel suo libro Blue Tiger (1924), e dal suo compagno di caccia Roy Chapman Andrews nel suo Camps & Trails in Cina (1925, capitolo VII).
Diversi autori ne parlano nei loro trattati, ma non è stata ancora provata la trasmissione di questo carattere, cioè non è geneticamente codificato e come tale si ritiene che le tigri di colore blu o nero descritte dagli autori H. R. Caldwell, 1924; J. C. Caldwell, 1954; Pocock, 1929, 1939; Stonor, 1964; in diverse opere, possano essere degli esemplari cromaticamente aberranti.
Nel 1924 l'inglese B. Caldwell descrisse una tigre azzurra, uccisa presso Foukien, in Cina. Questo animale melanico aveva un pelame grigio-azzurro, molto scuro.
Tigri nereCome per la Tigre blu non esistono reali prove dell'esistenza di questo tipo di colorazione, anche se è stata parecchie volte segnalata l'esistenza di tigri nere, somiglianti a pantere nere, nella giungla di Travancore.
Vari avvistamenti di tigri nere sono stati dettagliati in "The Wildlife of India" da parte di PE Gee, uno di questi risale al settembre del 1895, quando pare sia stata avvistata una tigre di color nero, fatta dal colonnello S. Capper, la tigre scomparve nella giungla. La presenza del leopardo nero nel settore e la difficoltà di giudicare accuratamente le sue dimensioni rende questo un rapporto discutibile.
Nel marzo del 2009 in Sri Lanka è stato trovato un felino morto, in una trappola di un bracconiere, somigliante alle descrizioni degli avvistamenti della tigre nera, restano dubbi sul fatto che essa sia realmente una tigre nera o semplicemente che possa trattarsi di una Panthera pardus kotiya dello Sri Lanka.
Un saggio sulle tigri nere è stato presentato da parte dello zoologo Britannico Dr. Karl Shuker nel suo libro "Mystery Cats of the World".
IbridiIn cattività si sono verificati alcuni casi di incrocio fra leoni e tigri, l'accoppiamento tra un esemplare di leone maschio e uno di tigre femmina dà origine ad un ibrido detto Ligre
mentre l'incrocio tra una leonessa e un esemplare di tigre maschio dà origine al Tigone
Rischio d'estinzione e minacceNonostante le misure a tutela della conservazione della specie, attualmente tutte le sottospecie di tigre sono da considerarsi in pericolo d'estinzione. Si tratta di un processo in accelerazione a partire dagli ultimi due secoli. Fino alla metà del Settecento, gli esemplari di questa specie erano numerosi e si spostavano agevolmente in ogni parte dell'Asia, costituendo i propri territori ovunque vi fosse abbondanza di prede. La loro popolazione complessiva superava la cifra di 100.000 unità, di cui 40.000 erano nelle giungle indiane.
A partire dalla seconda metà del XVIII secolo, la situazione incominciò a cambiare radicalmente. Le armi da fuoco, divenute più efficienti, misero gli esponenti delle classi agiate nella condizione di fare della caccia alla tigre un'attività elitaria. Contemporaneamente, l'infittirsi dei rapporti commerciali con l'Europa provocò la forte richiesta sul mercato di legname di pregio, come per esempio il mogano, che cresce nelle foreste indiane.
La caccia indiscriminata alla tigre da parte dell'uomo, dovuta in particolar modo al bracconaggio per il commercio delle pelli, alle credenze della medicina tradizionale cinese e alla paura che l'animale incute per la fama di "mangiatrice di uomini", il tutto aggravato dalla costante riduzione del suo habitat naturale, hanno portato ad una diminuzione drastica del numero di esemplari in natura. Nel 2006 una stima mondiale ha portato in evidenza che gli esemplari in natura si aggirerebbero tra i 3.402 e i 5.140, mentre gli ultimi rilevamenti pongono il numero intorno ai 3.200 esemplari.
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fonte wikipedia
Edited by Ben Reilly - 16/2/2018, 15:19